Il Centro per la filosofia italiana ha organizzato, in collaborazione con l’Associazione Docenti Italiani di Filosofia (A.D.I.F.), nel novembre scorso a Firenze un importante convegno sulla cura dell’anima. Ora un nemico invisibile, mostruoso dilaga ovunque e costringe ciascuno di noi a prendersi cura del nostro corpo esposto ai suoi assalti implacabili. Sembra quasi che la natura nella forma di un virus di origine naturale si voglia vendicare di noi esseri umani e voglia presentarsi nel suo volto terribile di natura matrigna. Questa epidemia mette all’ordine del giorno la cura del corpo: medici, infermieri, operatori sanitari, volontari sono in trincea per curare corpi martoriati e bisognosi di aiuto. La cura infusa a migliaia di corpi sofferenti si sta rivelando come l’esito di una scelta eroica di chi opera sulla base del dovere a farsi carico dell’altro, degli altri. Lo vediamo ogni giorno commentando questi bollettini di guerra, i morti che crescono giorno dopo giorno come i contagi che si moltiplicano. Affiora in questa inedita trincea l’idea di un’umanità compassionevole di cui da tempo si erano perse le tracce. Occorre riavviare una discussione pubblica su questioni che toccano direttamente la nostra vita, i nostri destini individuali e collettivi, il nostro futuro. Dobbiamo dismettere la veste di esseri Titani della natura e provare a riscoprire quella dimensione del limite che ispirava Socrate nei suoi insegnamenti e nella sua pratica quotidiana di porre domande e di formulare dubbi. Non ci si può permettere oggi di relegare la filosofia nelle discussioni salottiere o accademiche perché svanirebbe la sua capacità interrogante: oggi più che mai, la filosofia è all’ordine del giorno nel tempo in cui molti vogliono decretarne la scomparsa. La filosofia è sano esercizio di democrazia, vigilanza di cittadinanza attiva e ricerca della naturale saggezza di cui si sente un gran bisogno. Perché questa epidemia? Il coronavirus è un grande campanello d’allarme per l’umanità che, distratta e tronfia nelle sue magnifiche sorti e progressive, deve poter ritrovare paradossalmente la sua umanità passando attraverso i suoi fallimenti, le sue storture e le sue strutturali patologie. Per questo motivo abbiamo accolto volentieri l’intenso e appassionato appello del prof. Orlando Franceschelli che ci invita a trovare qualche minuto per riattivare la nostra riflessione filosofica su come uscire migliorati da questa guerra “contro” il virus. Nello spazio di poche settimane abbiamo cambiato abitudini di vita, consumiamo molte ore nello spazio della casa che è diventata dimora e rifugio per la nostra sopravvivenza o per la nostra salvezza. Ci aggrappiamo alle mura domestiche per proteggere il nostro corpo di cui oggi avvertiamo la piena vulnerabilità e fragilità, tenendolo fuori da quella soglia fatale che è l’esterno. Le città italiane sono deserte come nei peggiori scenari delle distopie novecentesche. Ogni punto dello spazio fisico è un deserto. La nostra vita si sta desertificando. Sembra quasi concreta e tangibile quella folgorante immagine leopardiana del formidabile deserto del mondo, evocata in una lettera a Pietro Giordani nel 1819. Questa epidemia o pandemia sta facendo precipitare l’umanità in nuovi tempi bui per riprendere la celebre espressione di Hannah Arendt in occasione di una
conferenza che tenne ad Amburgo nel 1959 per il conferimento del premio Lessing. Allora, la grande pensatrice ebreo-tedesca registrava la bancarotta dell’etica e della politica dopo i disastri del secondo conflitto mondiale e il genocidio degli ebrei. Stiamo vivendo una “crisi di civiltà”, che la peste visualizza in maniera impietosa coi suoi effetti disgreganti e distruttivi, percepiamo che è in atto una nuova bancarotta dell’economia e della politica a livello globale, come se la natura ci stesse violentemente buttando fuori dal suo grembo protettivo, dalle sue ali rassicuranti. I tempi bui di queste settimane e di questi giorni ci impongono nuovi compiti e nuovi obblighi, nuovi parametri di azione e di pensiero, se non vogliamo che l’umanità precipiti verso la sua rovina. Obblighi e compiti nuovi soprattutto per governi, stati, mercati, economie globali. Dobbiamo forse imparare di più da queste calamità che ci colpiscono dalla sera alla mattina, dobbiamo riappropriarci di quell’umiltà che guidava la lenta ginestra leopardiana se vogliamo preservare un’idea di futuro per noi e le giovani generazioni che guardano turbate e smarrite a quello che sta succedendo. Quando ci imbattiamo in una malattia, o in una calamità che non riusciamo a sconfiggere, dobbiamo capire che tenerla nei possibili orizzonti del nostro destino è segno di insegnamento e saggezza.
Nell’aprire questo forum, voglio ringraziare calorosamente il prof. Franceschelli, gli autori dei contributi già pervenuti e di quelli che perverranno.
Aldo Meccariello
Presidente del Centro per la Filosofia Italiana